sabato 2 giugno 2012

Lezione 12 - L'esperienza prima di tutto!

Slave gentaglia! No, non mi sono AFFATTO liberata di tutti gli innumerevoli impegni che mi perseguitano. Ma sono entrata nella fase "polleg" per usare un termine che ora va tanto di moda. Ho da fare millantaventordici cose in una volta sola, ma ho ben deciso di venire qui sul blog, perché mi sono davvero rotta i cogonas! GIUSTO? Giusto!
Bene bene, ora cominciamo con la nostra lezione. L'ho intitolata "l'esperienza prima di tutto". Sapete, io appartengo a quella cerchia di persone estremamente convinte che per descrivere qualcosa bisogna prima di tutto conoscerla! E una cosa non la si conosce finché non la si è vista, una situazione non la si può descrivere se non la si è vissuta. Quando si scrive lo si fa per trasmettere ad altri qualcosa che sentiamo, e non possiamo trasmettere qualcosa che non conosciamo. Mi spiego?
Bene. Ora che lo sapete, vi chiederete: ma bisogna aver provato proprio tutto? La risposta è sì. Nei limiti del possibile, ovviamente.
Con questo non mi riferisco solo alla ricerca di informazioni utili per il libro o il racconto in sé, come può assere la ricerca storica per scrivere un racconto ambientato nella II Guerra Mondiale. Mi riferisco anche alle cose più futili. Per esempio, il vostro protagonista va a cavallo? Andateci anche voi, almeno una volta nella vita, per provare davvero la stessa sensazione.
Non bisogna mai limitarsi ad immaginare, quando un'azione la si può provare in prima persona. In questo modo, vi garantisco che si eliminano tanti, tantissimi errori concettuali. Per esempio, una volta lessi un racconto in cui un certo personaggio si trovava in un bosco ed era seguito da certi nemici... l'autore scrisse che, sentendo  lo scricchiolio di un ramo, il personaggio in questione si accorse che i nemici erano vicini. Ma chiunque abbia vissuto anche solo un quarto d'ora in un bosco, saprebbe che è così stracolmo di rumori che sarebbe impossibile accorgersi con certezza di essere seguiti proprio dai nemici da cui si stava scappando. Comprendete?
Ora, vorrei portarvi come secondo esempio un libro che malauguratamente mi è capitato di leggere: "Amore 14" di Moccia nonché Federico. Se non l'avete presente... meglio così, credetemi (vabbè, se proprio siete curiosi, potete vederlo nella mia libreria di aNobii, mio malgrado).
Fatto sta che questo autore ha tentato di immedesimarsi in una ragazzina quattordicenne, descrivendone pensieri, amori, amicizie... e non si è minimamente accorto di scrivere delle emerite scemenze, cose che, se nella sua vita fosse stato una ragazzina quattordicenne, non avrebbe mai scritto.
Ecco, questo è un buon esempio di scrittura senza esperienza. Ora, io capisco che un autore debba poter avere la libertà di scegliere i protagonisti che desidera. Ma prima di immedesimarsi in qualcosa che non si è e non si potrà mai essere, non sarebbe, secondo voi, stata una buona idea almeno chiedere a chi corrisponde alle caratteristiche del protagonista se scrivere o meno quello che si ha in mente? Intendo dire: se Moccia avesse intervistato, chiesto a una ragazzina quattordicenne se le sarebbero mai passate per la mente quelle cose, se si fosse basato sull'esperienza di altri per scrivere il proprio libro, ne sarebbe saltato fuori qualcosa di migliore? Molto probabilmente sì.
Quindi, consiglio di VIVERE ciò che si scrive (ripeto, nei limiti del possibile. Nessuno potrebbe provare l'esperienza di essere calpestato da un ciclope, almeno credo...). O, in alternativa, di chiedere a chi ha vissuto, come avrebbe dovuto fare Moccia. Questo è un buon modo per scrivere cose più pertinenti alla realtà e, non ve lo nascondo, per provare esperienze nuove che, forse, non avreste mai pensato di provare.

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