venerdì 31 maggio 2013

Riflettendo - La Drammaticità

Non mi era mai capitato di piangere leggendo, o guardando un film. E molti di voi ormai mi conoscono abbastanza da capire il perché: non sono mai stata una persona incline alle lacrime. Certo, mi sono emozionata in molte occasioni, ma i sintomi fisici non sono mai andati oltre la stretta allo stomaco. Diciamo che, all'esterno, sono sempre rimasta piuttosto stoica. Anche guardando film come Patch Adams, o leggendo libri come Io sono leggenda, Lettera ad un bambino mai nato et similia.
Soprattutto, non mi sono mai, mai, mai commossa al cospetto di quei film o libri eccessivamente drammatici. Anzi, quelli avevano l'effetto opposto di rendermi ancor più di pietra. Ad esempio, una volta alla televisione davano un film in cui morivano consecutivamente la figlia 1, il padre, la figlia 2, la moglie di crepacuore, la nonna, e alla fine il cane. Ecco, quella volta non provai assolutamente niente di simile alla tristezza. Provai più che altro RABBIA, perché mi dicevo che un regista che dovesse inserire così tanti eventi sfortunati in un solo film doveva per forza essere incapace di una VERA scena drammatica. Era l'unica: dato che non sapeva far commuovere con la poesia, faceva crepare tutti i personaggi nel tentativo di vincere sul telespettatore con la quantità, più che la qualità.
Quindi, già allora avevo capito che le cose che mi emozionavano di più erano quelle poeticamente drammatiche, non assurde, non esagerate, ma pensate. In Io sono leggenda, ad esempio, ci sono tante scene di bambini morti e putrefatti, ma non erano mai quelle a darmi fastidio. Erano le scene, invece, meno macabre ma più significative: quando, ad esempio, la moglie del protagonista viene presa da quella malattia che dilaga durante la trama del libro, muore, il protagonista la seppellisce e il giorno dopo se la ritrova in soggiorno, che cammina storta e senza più cervello, intenzionata a divorarlo vivo.
Ecco, quella non era una scena così disgustosa: la moglie non era particolarmente brutta da vedere. Niente sangue, niente budella sparse per il pavimento... c'era però la consapevolezza che lo spirito di lei era morto, e che il suo involucro esterno voleva fare polpette di suo marito. E così il protagonista era costretto a ucciderla. Di nuovo.
In sintesi, era questo il genere di cose che mi faceva, tra virgolette, "star male". In Hachico, di nuovo ad esempio, non stavo male per Richard Geere che moriva, ma per il cane nel resto del film. Mi sono spiegata?
Ecco, nonostante questo non avevo mai davvero pianto per un libro o un film. Ammetto che "invecchiando" i miei sentimenti vanno più a briglia sciolta, ma davvero, non credo di aver mai trovato davvero una storia che avesse le carte in regola per farmi piangere. A dirla tutta, speravo che arrivasse, perché mi sentivo un po' un mostro. Ma ero anche abbastanza sicura che non esistesse tale storia. Sono sopravvissuta a tanto, non riuscivo a immaginare qualcosa di meglio riuscito, sul piano drammatico, di quello che ho già citato.
E, invece, oggi devo ricredermi. Devo ricredermi un po' su tutto: il fatto che non esistesse la storia adatta a farmi cedere, e anche il fatto che io fossi un mostro. Già perché oggi, 31 Maggio 2013, ho pianto leggendo, e precisamente leggendo il finale de Il Miglio Verde.
Ora, per quelli di voi che l'hanno letto, potete capire perché: è una storia molto drammatica. Ma comunque non mi aspettavo di commuovermi, perché già avevo visto il film, e quindi già sapevo come sarebbe andata a finire la vicenda. Eppure, siete padroni di non crederci, era scritto così bene, trasudava tanta di quella drammatica poeticità, che proprio non ce l'ho fatta. E, anche qui, non ho pianto per Del che muore atrocemente, o per Coffey condannato alla sedia elettrica ingiustamente. Ho pianto, invece, per frasi abbastanza innocenti, rispetto ad altre parti del libro (solo chi l'ha letto le capirà, anche perché non voglio fare spoilers). Frasi come: "le ha uccise col loro amore" o "ma certe volte, oddio, il Miglio Verde è  così lungo".
Ora, ovviamente questo articolo non vuole essere una recensione al libro, ma uno spunto di riflessione, perché finalmente ho capito: io ho avuto modo di giungerne a capo con questa storia, ad altri può essere capitato diversamente, ma secondo me la drammaticità non è data dal macabro, dalla sfortuna, dagli eventi tragici. E' data invece molto di più dai ricordi, dalla rassegnazione, dal tempo che passa, dall'immutabilità degli umani istinti, dalla felicità che nonostante tutto a volte continua a farsi sentire. Dalla maestria di uno scrittore che riesce a trafiggerti lo stomaco con i sentimenti dei tuoi personaggi.
E' stato pressappoco questo che ho pensato appena ho finito il libro. E, dopo aver asciugato le lacrime (erano pur sempre poche, un cuore di pietra non può sciogliersi nel giro di sole 500 pagine), mi sono sentita più che mai arrabbiata verso quelli che credono di scrivere un libro drammatico e invece mettono in ordine cronologico un'accozzaglia di eventi improbabili e oltremodo sventurati. Quelli che OSTENTANO il tragico.
A queste persone, quindi, mi sento di dire: fatevi un'analisi di coscienza. Non è l'uccidere tutto il cast che fa commuovere un pubblico con un minimo di cervello. E' quello che ci sta dietro che conta.


mercoledì 29 maggio 2013

Lezione 30 - Saper riassumere!

Salve gente! Questo è un mese particolarmente produttivo. E mi è balenata in mente l'idea di fare una lezioncina breve breve anche sulla capacità di riassumere. Già perché mi capita spesso di sentire gente che proprio non ne è capace:


IO: "Come è stato il film?"
SVENTURATO GIOVANE: "Bellissimo!"
IO: "Di che parlava?"
S.G.: "Allora, praticamente c'era una, no? Ecco, una tipa che era ricca, no? Aveva dei vestiti bellissimi tutti pieni di perle. Ecco, lei amava uno, che non ricordo come si chiama. Cioè, no, non lo amava. Lui amava lei ma lei non lo voleva. E c'è la mamma di lei che invece vuole che la figlia lo sposi. E lei era appassionata di quadri e di Picasso. Lui era ricchissimo ma a volte sembrava cattivo, no? Intanto c'era anche uno che giocava a carte contro dei tedeschi e vinceva. E c'era una nave grande, no? Ecco, e quello che giocava a carte aveva un amico italiano. Dovevano imbarcarsi su questa nave ma era tardi, stavano per tirare via i ponti ma loro riescono a imbarcarsi perché giurano di non avere i pidocchi. Poi..."

* circa due ore dopo *

S.G.: "Sì, e praticamente alla fine lei è vecchia con una vestaglia bianca, va sul ponte della nave, si affaccia al parapetto e butta in acqua il Cuore dell'Oceano. Poi va' in camera, si vedono le foto di lei giovane a cavallo, e poi muore e torna sul Titanic con Jack e si baciano dall'orologio. Dove si sono dati appuntamento la prima volta, no?"
IO, con gli occhi fuori dalle orbite: "Sì, immagino"


Vi giuro, sul mio osso del collo, che esiste davvero gente così! E non gente per forza logorroica. Gente che, non so come, non so perché non riesce a fare una cernita mentale degli avvenimenti di un film o di un libro, non riesce a distinguere cosa è importante e cosa no. Gente che, quando comincia a raccontare, abbonda in particolari del tutto inutili, che allungano il brodo, lo allungano, lo allungano... e alla fine tu, che sei stato lì ad ascoltare, ti chiedi perché mai sei stato tanto imbecille da chiedere informazioni (tanto più che Titanic l'avevi già visto).
Scrittori in erba, ricordate: saper fare un riassunto è IMPORTANTISSIMO. I novelli scrittori infatti smaniano di aggiungere particolari, tanti, e non si accorgono che a volte questo può far danno. Imparare a riassumere aiuta a capire cos'è importante e cosa marginale, aiuta ad essere più oggettivi e a non inserire senza volere commenti personali, a essere chiari nello scrivere.
Per cui, se siete tra quelle persone che non sanno riassumere, allenatevi! Non perdetevi in parole inutili. Prendete un testo, anche breve per iniziare, e fatene il riassunto seguendo il metodo delle sequenze narrative.
(per saperne di più, leggete la Lezione 27). In pratica basta leggere il testo in esame, dividerlo in sequenze (ogni volta che cambia stile o scena) e dare poi un titolo a ogni scena. Mettere insieme i titoli, collegandoli con le regole sintattiche italiane, ed è fatto! Avete (più o meno) il riassunto perfetto. Ora leggetelo, guardate quanto è corto! Misuratelo! E provate a fare lo stesso lavoro con un altro testo senza il metodo delle sequenze. Il riassunto non deve essere più lungo di quello del primo testo, altrimenti significa che state aggiungendo particolari inutili!
Ora, ad esempio, vi faccio un riassunto al volo di Titanic. Guardate quanto può (e dovrebbe essere) breve un vero riassunto!


Rose si imbarca sulla prima classe del Titanic con sua madre e il suo fidanzato, che non ama. Allo stesso tempo sale anche Jack, uno squattrinato artista di terza classe. Durante il viaggio Rose tenta il suicidio, ma Jack la salva e da quel momento hanno modo di conoscersi e innamorarsi. Tutto fino allo schianto contro l'iceberg, che fa affondare rapidamente il transatlantico. Dopo paura e continue corse contro il tempo, Rose e Jack si trovano entrambi in acqua. Il Titanic è già affondato, e a loro non resta che sperare di venire salvati da una scialuppa di ritorno. Per Rose sarà così, ma Jack morirà nell'Atlantico. Rose lo raggiungerà una volta divenuta anziana, e dopo aver tramandato la sua testimonianza ai posteri. FINE.


Fine, capito? Questo è il riassunto di un film di tre ore. Questi sono gli eventi importanti! Questo è un riassunto, d'accordo? Imparate a riassumere, e imparerete anche a scrivere e dialogare più correttamente con gli altri. Parola di Arte!

martedì 28 maggio 2013

Riflettendo - I personaggi inventati sono reali?

Che domanda stupida. NO, ovviamente, verrebbe da rispondere a una persona con poca fantasia, o semplicemente con i piedi ancorati bene al terreno, come me. Ma vedete, io credo di essere andata un po' oltre, colpa ovviamente di tutti gli studi "trascendenti" che ho compiuto in questi anni (filosofia, letteratura, filosofia del diritto di cui ho dato l'esame solo ieri). Sono un'ibrida a cui piace il realismo schietto, ma che si fa decisamente troppi viaggi mentali. E allora mi viene da pensare, ma i personaggi inventati, o anche i mondi, le usanze, i costumi, sono o non sono reali?
Fisicamente NO, e su questo non ci piove. Però è anche indubbio che ESISTONO. E se una cosa esiste, allora è reale. Mi seguite?
Ora, indubbiamente la loro esistenza è localizzata. Al cervello (o al cuore, vedetela come vi pare) dello scrittore, o al massimo dei lettori, se ci sono. Lo stesso vale per i film.
E allora mi viene da concludere che NO, non sono fisicamente reali, perché sono incastonati nel loro tempo, non ne escono, e compiono sempre gli stessi movimenti, a seconda di quello che lo scrittore/regista ha voluto fargli fare. Possiamo far accadere gli eventi inventati all'infinito, ma restano sempre lì, possiamo anche inventarne di nuovi, ma i personaggi in sé non hanno realmente vita propria.
Ma, dal momento che una cosa prende vita, sia pure astratta, esiste. Non si può discutere su questo punto. E, a loro modo, i personaggi sono reali. Tutti lo sono, perché esistono, ci sono, anche quelli fatti peggio. Però se sono ben caratterizzati, differenziati tra loro, e se lo scrittore inizia a conoscerli come le proprie tasche, vi renderete conto che iniziano a ESISTERE anche in un altro modo. Iniziano a decidere per conto proprio.
Lo so, molti pensano che quello che sto dicendo sia un'assurdità. Ma pensateci bene, in realtà è così che funziona. Noi scrittori inventiamo solo la base. Poi sono gli inventati a muoversi.
Prendiamo un esempio esagerato, Hannibal Lecter. Lui è stato inventato da uno scrittore. Ma è quello che é, esiste nel senso che, se anche lo scrittore volesse fargli amare un coniglio rosa di pelouche, non potrebbe. Hannibal si RIFUTEREBBE, perché non è nella sua natura. E se lo scrittore provasse a farglielo fare, magari in un paragrafo, sarebbe inevitabilmente portato a cancellare il tutto subito dopo. Perché non starebbe in piedi. Perché Hannibal Lecter ESISTE nella sua singolarità, ha il suo personale carattere; ci sono cose che può fare e cose che non può, non potrà mai fare; ci sono cose che deve fare e cose che è plausibile che faccia. Perché Hannibal Lecter non è reale, ma è VERO. Nel senso che, una volta creato, esiste, ed è sé stesso. Non è in carne e ossa, ma c'è, e non può essere manipolato come più ci piace.
Per questo dico che i personaggi esistono e fanno ciò che vogliono: perché tu, scrittore, hai il potere fisico di fargli fare altro, ma non il potere psichico, e sai che se una cosa quel personaggio non sarebbe mai in grado di farla, non puoi fargliela fare.
In questo senso i personaggi sono reali. Non ci sono fisicamente, ma nel loro spazio, quello dedicato alle idee, ci sono eccome! E funzionano come funzionerebbe un umano reale. Semplicemente, non hanno corpo. Per questo ci affezioniamo tanto, per questo li conosciamo, piangiamo se dobbiamo ucciderli, siamo felici per loro se accade qualcosa di positivo etc. etc.
E questa è una cosa che se non si è provata non si può comprendere appieno, secondo me.
Voi che ne pensate?


Comunque, questo era un post un po' diverso dal solito per inaugurare la nuova categoria RIFLETTENDO, così, per parlare di cose un po' più profonde. State comunque in campana che presto arriverà anche la nuova lezione! Arrivederci!

venerdì 24 maggio 2013

Lezione 29 - Flashback e Flashforward

Ehilà gente! Ultimamente sono produttiva! Chissà perché sempre a questi orari strambi, ma forse il mio orologio biologico ha solo bisogno di una regolata.
Oggi parliamo dei Flashback e dei Flashforward. Ma, ancora una volta, andiamo con ordine e trattiamone uno per volta.


Il Flashback (o analessi se vogliamo essere pignoli) è, come dice il nome stesso, un "lampo all'indietro", ovvero un pezzo di trama relativamente breve dedicato alla narrazione di ciò che è avvenuto PRIMA degli eventi del tempo della storia. Una volta terminato il Flashback, il narratore torna al tempo della storia, quello normale, e riprende da dove aveva lasciato. Va ricordato che, mentre il narratore racconta il Flashback, questo usa la stessa identica forma del resto del romanzo! Ovvero, se il romanzo è scritto al presente, anche il Flashback è al presente! Se fosse scritto al passato potrebbe essere solamente un ricordo, raccontato direttamente da un personaggio. Il Flashback non è questo. Il Flashback è uguale a ogni altra parte di libro, quindi è raccontato dal narratore, e non dai personaggi; è narrato con lo stesso tempo del resto della storia; per cui, in linea di massima, se io aprissi un libro che non ho mai letto, e per caso l'aprissi nella parte del Flashback, non dovrei capire che si tratta di avvenimenti antecedenti alla trama! Mi spiego? Andiamo con degli esempi chiarificatori:


Guidalberto iniziò a raccontare al suo piccolo pubblico: "stavo camminando per la piazza e ad un certo punto  ho notato un tipo con un cappello strano"

Guidalberto iniziò a raccontare al suo piccolo pubblico. 
* cambio di paragrafo/capitolo *
Guidalberto camminava per la piazza e ad un tratto notò un signore dal cappello strano.


Ora, come vedete, il primo esempio NON è un Flashback, ma solo un racconto diretto del povero Guidalberto. Mentre il secondo esempio, quello sì che è un Flashback, perché è sempre il narratore che lo racconta. Certo, è scritto come se fosse Guidalberto, intanto, a raccontare. Ma il narratore sorvola su Guidalberto che racconta e, nel frattempo MOSTRA al lettore quello che Guidalberto sta raccontando al pubblico. Compreso?
Proprio perché il Flashback ha la stessa struttura narrativa del resto del racconto, spesso è difficile da distinguere. Mi sta capitando proprio in questi giorni di leggere un libro, infatti, dove non si capisce dove parte un Flashback perché non c'è la divisione in paragrafi.
ERRORE IMPERDONABILE. Come ho detto, dato che un Flashback è essenzialmente identico al resto della narrazione, voi dovete far capire che si tratta di un Flashback! Certo, dopo un po' il lettore ci arriva per logica, ma noi NON VOGLIAMO far sforzare il lettore, giusto? Quindi consiglio, ogni volta che iniziate un Flashback, di cambiare paragrafo, andando a capo insomma almeno un paio di volte, per separare fisicamente le due parti di racconto. Inoltre, ed è una cosa molto usata nell'editoria, è utile scrivere il Flashback intero in corsivo. Già perché se si cambia solo paragrafo, il lettore può scambiarlo per un semplice cambio di punto di vista o un cambio di scena. Lo scrivere in corsivo equivale, per farvi capire, al'inserire una scena Flashback in bianco e nero in un film a colori. Se le scene Flashback non fossero in bianco e nero (o comunque con colori diversi, o con l'opacità diversa, i gusti cambiano da regista a regista), dicevo, se non ci fosse questa differenza, come distinguereste un Flashback da una qualsiasi altra scena? Ve lo dico io: semplicemente non ci riuscireste, se non mandandovi in pappa il cervello (lo so, tutto è più semplice da capire se si parla di cinema).
Tornando alla letteratura, personalmente, gradisco anche molto i cosiddetti Capitoli Flashback, scritti appunto in corsivo e separati dal resto perché si tratta di capitoli a parte.
Il Flashback può essere unitario o scaglionato. Badate che può durare anche poche righe, volendo. Se si divide un Flashback, si ha la sensazione di elaborare quasi una sorta di storia parallela che si evolve insieme alla trama originale, solamente in un tempo differente.


Poi ci sono i Flashforward (o prolessi). Sono decisamente meno utilizzati del Flashback, perché comportano un salto nel futuro. Quindi gli usi sono decisamente più ridotti. Potrei immaginarmi un Flashforward, ad esempio, per una profezia che mostra ciò che avverrà alla fine della storia. In confronto, il Flashback è molto più duttile perché può essere impiegato per ampliare la trama, e la sua completezza, senza poi ritrovarsi troppo responsabili nei confronti del Flashback stesso.
In via teorica il funzionamento del Flashforward dovrebbe essere del tutto simile a quello del Flashback. In pratica, però, il Flashforward viene usato principalmente in due situazioni: all'inizio di un romanzo o alla fine.
All'inizio funge da prologo, e anticipa gli eventi finali, per poi troncarli senza risolverli. Così, dal capitolo primo, inizia il racconto che poi vi riporterà al punto iniziale (quindi potete vedere il prologo come un Flashforward o il resto del romanzo come un grande Flashback... a vostra scelta). Il primo esempio che mi viene in mente per questo è "Twilight" della Meyer, che inizia proprio con la fine, per poi interromperla e sviluppare la storia che ha portato a quel punto.
Se il Flashforward è posto alla fine, funge invece da finale per così dire "avanzato". Ovvero, risolto l'intreccio principale, e chiusa la trama con l'ultimo capitolo, si apre una postfazione, che spesso riprende in mano i personaggi dopo un tot di tempo, per far capire come le cose si sono evolute una volta finita l'avventura principale. Esempio lampo, il finale di "Harry Potter e i Doni della Morte", è un Flashforward.
Ovviamente se i Flashforward si presentano sotto forma di prefazione o postfazione, non necessitano di essere scritti in corsivo, parlano già da sé. Per i Flashback era utile semplicemente perché, solitamente, si trovano nel bel mezzo del libro, e altrimenti sarebbe difficile identificarli.


Bene, anche per oggi ho concluso!
Dato che mi ha fatto i complimenti e ha commentato, questa lezione la dedico a Yoru per ringraziarlo.
A presto!  


mercoledì 22 maggio 2013

Aggiornamento - giornaliero #2

Wow, non mi era mai capitato di fare due aggiornamenti in un giorno solo!
Sapete cosa? la finestra di dialogo mi aveva già stancato, e quindi l'ho tolta a tempo di record. Soprattutto perché NON E' VERO che una volta votato sparisce. Ho votato 3 volte da anonima e continua ad apparire.
Per cui, ho capito che è un complotto per mettere fuori gioco il mio blog.
Doveva esserci un motivo per cui era gratis! Damn it!
Comunque, per continuare a testare il sito di NetParade, ho deciso di inserire un banner, molto meno fastidioso, in una pagina dedicata intitolata "Votami". Ringrazio in anticipo se vorrete darmi una mano!

ps: se ancora non l'avete letta, fate un salto a leggere la Lezione 28 (le ho tolto visibilità con questi due aggiornamenti, poverina). A riscriverci! 

Aggiornamento - Da ora in poi mi odierete

Salve marmaglia!
Questa è una settimana di novità. Avrete notato la grafica del tutto rinnovata, e spero vi piaccia. A me personalmente piace molto, anche se ero indecisa tra i toni verdi e i toni azzurrini... spero di aver scelto bene!
Il layout, cioè la disposizione dei widget e delle pagine, non è cambiata granché. L'unica differenza è che ho aggiunto una casella per contattarmi via email a fondo pagina.

Ora, novità più importante: grazie ad un altro blog ho trovato un sito che mi pare molto carino, che serve a pubblicizzare un po' il blog e a renderlo un pochettino più visibile. Tuttavia, da un grande potere derivano grandi responsabilità, per cui ci sarebbe un sacrificio piccino picciò da parte vostra.
In pratica, quando entrerete la prima volta nel blog, vi apparirà una finestrella di dialogo, che vi chiede se avete voglia di aggiungere un voto positivo per il blog (è proprio così che si sale in classifica).
Non è una finestra insulsa e rompiballe, nel senso che voi in teoria potreste anche chiuderla con il tasto "no grazie", però dopo riapparirà al vostro secondo accesso. Se votate invece non vi dovrebbe dare più rogne...
Io ero abbastanza contraria a questo genere di cose. Anche perché ho sempre paura di inimicarmi i nuovi avventori, che appena vedono la finestra di dialogo chiudono tutto il sito e basta. Però è solo un tentativo, posso toglierla quando voglio... e credo sia una buona alternativa ai banner pubblicitari, che io per il bene del blog non ho mai voluto aggiungere e che probabilmente mi avrebbero portato più visibilità. Anche perché, chi ha una connessione lenta lo sa, spesso i banner animati non solo sono fastidiosi da vedere, ma precludono il caricamento di tutta la pagina.
Come ho detto, è solo una prova, vediamo come va. Io stessa farò qualche accesso anonimo per verificare che la finestra sia davvero "discreta" come dicono. Se poi secondo voi è troppo fastidiosa o se vedo che comunque è di utilità abbastanza dubbia, provvederò ad eliminarla.

Sorry per il disagio, e grazie in anticipo se vorrete votare positivamente (quando avrete cliccato su "sì" vi si aprirà il sito, non dovete iscrivervi, basta solo che clicchiate su "conferma voto"). Sappiate che mi aiutate tanto con un semplice click!

martedì 21 maggio 2013

Lezione 28 - Incipit e finali

Salve a tutti amici di Arte parla di Arte!
Come promesso, arriva (un po' in ritardo), la lezione sui vari tipi di incipit e di finali che esistono nella narrativa. Sebbene ognuno di questi aspetti sia diverso da romanzo a romanzo, infatti, tutti possono comunque essere raggruppati in più ampie categorie.


Ma andiamo con ordine. Parliamo innanzitutto dell'inizio della storia. Non è da sottovalutare: non si può iniziare come si vuole, seguendo il caso. Bisogna ponderare le prime parole, perché sono quelle che faranno capire al lettore se vale la pena di continuare a leggere. Io credo che ogni libro sia un colpo di fulmine: se non attrae subito, è molto difficile avere poi un'opinione positiva su tutto il resto. Quindi stupite fin dall'inizio! esagerate, date il meglio di voi stessi!
Tecnicamente, non c'è una regola base per l'incipit. Nella precedente lezione abbiamo parlato di sequenze: ebbene, per partire con una storia potete scegliere quella che più vi aggrada. Ma attenzione! Questo ovviamente darà modo al lettore di farsi subito un'idea sul vostro stile. Se desiderate quindi uno stile veloce, iniziare con sequenze narrative o dialogate. Se invece tenete molto ai dettagli e preferite un'entrata più sfumata nel mondo del vostro romanzo, allora le sequenza descrittive e riflessive fanno per voi!
Anche per quanto riguarda lo svolgimento dell'incipit avete libera scelta: potete creare un antefatto, una prefazione, una situazione di partenza classica, oppure anche iniziare ad avvenimenti già compiuti. Quest'ultimo tipo di incipit si dice "in medias res", in italiano "nel mezzo della situazione"; è molto interessante ed è anche piuttosto difficile da gestire, perché il protagonista e i suoi aiutanti hanno già compiuto buona parte della loro avventura, che voi abili scrittori dovrete poi completare con una serie di falshback. Se volete un esempio, uno dei più famosi incipit in medias res è quello dell'Eneide: si parte con una tremenda tempesta e il naufragio di Enea e dei suoi sulle coste del Nord Africa, a Cartagine, dove la regina Didone li accoglie. Durante un banchetto, Enea narra gli avvenimenti dei quali è reduce.
Quindi ribadisco: scegliete la modalità che più preferite, ma DATE DEL VOSTRO MEGLIO!


Passiamo al finale, ovvero il "tirare le fila" dopo una storia con intreccio e svolgimento (si spera) accattivanti.
Il finale è importante quanto l'inizio, se non forse ancora di più. Le ultime parole sono quelle che lasciano il retrogusto nella mente del lettore, sono la ciliegina sulla torta: se non ci sono, tutto il resto sembra un po' meno bello (a questo proposito potete leggere anche la Lezione 1 - Le ultime parole famose).
Per cui, pensate molto bene il finale! Il finale che, tra le altre cose, può essere di 6 tipi:

  • Con morale: implicitamente o esplicitamente contiene un insegnamento morale. Molto comune nelle favole, ad esempio, degne eredi degli exemplum latini (antiche favolette scritte apposta per insegnare una morale. Molto famose quelle dell'autore Fedro)
  • Aperto: non concluso, per cui dovrebbe (uso il condizionale perché non credo molto in questa strategia) lasciare immaginare al lettore gli avvenimenti futuri. Oppure si può usare un finale aperto se si desidera avere poi la possibilità di continuare la storia (come spesso succede, ahimè, per molte serie televisive, che quindi non conducono mai a niente). ATTENZIONE PERO'! Finale aperto non è se si conclude una storia lasciando poi sottinteso quello che accadrà. Per avere un finale aperto il lettore non deve avere la minima idea di cosa accadrà dopo. Per cui i cosiddetti finali allusivi non sono da considerarsi finali aperti. 
  • Tragico: beh... direi che il nome si spiega da solo. Si ha finale tragico quando non c'è lieto fine, e tutto è descritto con toni drammatici e crudi.
  • Narrativo: finale intero, nel senso che chi scrive abbonda con i particolari per concludere la vicenda nel modo più ampio e completo possibile.
  • Tronco: finale improvviso. La vicenda è di per sé conclusa, ma il narratore non si sforza di aggiungere particolari a proposito del finale, e di quello che eventualmente accadrebbe subito dopo. Da' quasi l'impressione che il libro si chiuda per sbaglio, come fosse stata strappata qualche pagina.
  • A sorpresa: quando riporta avvenimenti che sconvolgono del tutto l'intreccio fino a quel punto ottenuto. Ad esempio, si può avere finale a sorpresa se si scopre il protagonista essere in realtà il cattivo.

Ovviamente un tipo non esclude l'altro. Si possono avere finali narrativi-con morale (i miei preferiti), oppure tragici-a sorpresa, o ancora tronco-aperto. Naturalmente l'unico accostamento non consentito, che porterebbe ad un'antinomia, è quello narrativo-tronco. 
Anche qui, potete scegliere quello che più vi piace, io non posso far altro che dirvi la mia opinione e basarmi sui miei personali gusti (come si è capito, di solito non gradisco i finali tronchi o aperti), ma non c'è alcuna legge scritta per cui bisogna preferire l'uno all'altro. Fate come vi dice la testa (o il cuore, per i più sentimentali). Però, qualsiasi cosa facciate, FATELA BENE!!! Alla fine è solo questo che determina se un libro può essere letto o meno, la passione che ci mettete.


Bene, finalmente ho finito!
Eheh, sono mancata per un mesetto, ma stavolta vi ho regalato una lezione piuttosto corposa, vero?
Vi saluto qui e vi anticipo subito che, se vorrete, la prossima lezione riguarderà i Flashback e i Flashforward! 
A ri-scriverci!